Il nostro cibo di strada

Scritto da Maggiordomus il

Il nostro cibo di strada

Nel calendario date di “Mescolando, s’impara” di quest’anno non potevamo trascurare di dedicare una serata allo street food, al cibo di strada.

Il cibo di strada ha origini molto antiche, se ne trova testimonianza infatti già a partire dall’epoca greco-romana, dove era diffusa l’usanza di “banchettare” per la strada, cibandosi prevalentemente di ceci e pesce fritto, ancora oggi una specialità delle vie della nostra capitale. Stando alle fonti storiche, poi, anche nel’antico Egitto c’era l’abitudine di vendere riso con carne di agnello in strada, così come in tutto il Medio Oriente, si pensi al kebab, in Cina e un po’ in tutto il mondo.

Praticamente tutti i poveri delle epoche passate consumavano esclusivamente cibo di strada dato che le loro case non erano dotate di cucine.

Oggi, secondo i dati della FAO del 2007, circa 2,5 milardi di persone mangiano cibo di strada quotidianamente sia perché è a buon mercato, sia perché è veloce, sia perché permette di scoprire sapori insoliti e differenti.

Se si è sempre stati portati a credere che questo modo di cibarsi fosse insalubre, calorico e scarsamente nutritivo, di recente le cose sono molto cambiate. Lo street food non è più solo visto come junk food (cibo spazzatura) o esclusivamente fast, fatto di hamburger e patatine, ma anche come cultural food. Vuoi attraverso contesti gastronomici dedicati, tipo festival o eventi a tema, vuoi grazie all’interessamento di importanti associazioni di settore, ad esempio Slow Food o Gambero Rosso, il mangiare del popolo delle strade sta godendo di un vero e proprio revival, sotto il segno della qualità e delle tradizioni popolari da non disperdere.

Prelibatezze geografiche tornano così in auge, assieme al bagaglio culturale di cui si fanno portavoce e al piacere delle origini da riscoprire e da non dimenticare. Pensate a pane e meusa (milza) e ad arancini siciliani, al castagnaccio toscano o alla farinata ligure. E pensate anche a tutti quei sapori internazionali che ormai siamo abituati a riconoscere, come per esempio al burrito del Messico, alle empanadas argentine, ai noodles del Giappone, al dulce de leche spagnolo.

Ci è piaciuto moltissimo vedervi alle prese con ingredienti nuovi, con palati in avanscoperta e curiosità da sfamare perché crediamo fortemente che la diversità sia la più grande opportunità che abbiamo a disposizione per continuare a crescere. Come cuochi e come persone.

Grazie per essere stati ancora una volta con noi!

Il prossimo appuntamento con “Mescolando, s’impara” è in programma per il 9 aprile 2014 e vedrà come protagoniste la pasticceria moderna e quella classica: torte à la page vs torte tradizionali.

Tutte le foto delle pietanze di questo post sono di MaggiorDomus.
Immagini cities via Pinterest.